venerdì 9 novembre 2007

Sbatti-star-burgher

Cari e fedeli lettori...
Ecco per voi una chicca proveniente dalla lontana Galassia dove impera lo Sbatti burgher, e le sue nefaste influenze si fanno sentire...

Che dire... Alzate per bene il volume! e...
Buon visione!

CLICCA PER IL VIDEO

martedì 23 ottobre 2007

Sera...

Con un pastone quasi da cane
che bolliva in cucina,

Ed i suoni di un gioco
al computer del Peppella...

Un filmaccio che sputava
banalità sui mussulmani

E mi trovo su una sedia
a cazzeggiare!

Com'è che non riesco più
a Volare...

Com'è che non riesco più
a Volare...

sabato 20 ottobre 2007

Radio ululati

Che fine ha fatto Radio Cane?!
Come mai non ci sono più informazioni, notizie o anche semplici... beh, diciamo storielle. Per divertire chi legge, magari anche per sbaglio, queste pagine?

Beh, me lo chiedo anche io, sinceramente, ci sono dei periodi strani, e certe cose anche alle quali si tiene in modo particolare, le si lascia sfuggire, così senza nemmeno troppi pensieri. Senza curarsene più di tanto, e alla fine ci si trova solo a cullarsi in qualche ricordo rimasto in fondo ai propri pensieri. Magari con un sorriso, magari dicendosi, però, che bello che era...

E sì che RaDioCane non ha mai avuto delle grandi pretese, eppure spero che nel suo piccolino chi vi sia passato abbia almeno sorriso, perché tutto sommato si vuole essere divertenti, o abbia pensato, chissà magari con addirittura riflettuto su qualche scritto, perché no?

Devo ammettere che a volte è solo uno sfogo e, come ora probabilmente, scrivo sostanzialmente per me stesso e per sentire le dita saltellare da un tasto all'altro così giusto per sfogare quella sensazione che mi opprima quando non vedo uno schermo riempirsi di caratteri ordinati...

Beh, saluto tutti quelli che leggeranno ora, giusto per non rendere questo messaggio utile solo a me stesso, e spero che presto traccerò qualcos'altro che possa essere letto, visto o interpretato...

mercoledì 5 settembre 2007

Giocare di Ruolo - La VERA storia

Radio Cane è onorata di presentare questo simpatico video che dimostra com'è effettivamente il gioco di ruolo.
Ecco una cronaca ASSOLUTAMENTE veritiera di una sessione di GdR...

Raccomandato a tutti gli appassionati e non...



Io vi metto la prima parte le altre, volendo, potrete trovarvele da voi...
(d'altronde essendo una Radio Cane, un po' Bastarda dovrà esserlo no?)

venerdì 24 agosto 2007

oggi...

Oggi ho sbagliato tutto, un'altra volta... un altro passo ad alimentare il demone dell'idiozia. Quando il mondo sembra diventare più scuro, quando anche a chi si vuole davvero bene non si è capaci di regalare un sorriso...
verrebbe da chiedersi perché... perché di questo insuccesso, perché condannare le emozioni a rimanere nascoste, chiuse in un freddo baratro di un corpo inespressivo. Legato in parole che non sbocciano all'esterno, ma che rimangono fredde trattenendo il loro segreto con malvagia perversione. Quando si sente il proprio animo stravolto, agitato e nervoso. E si ha paura di metterlo in mostra, come un mostro in gabbia che se liberato potrebbe portare solo altro dolore. Ma tutto questo non fa che alimentare altre lacrime, altre delusioni...
Quando ci si rende conto di aver intrapreso una strada e di starla percorrendo sospinti a caso senza prendere il passo e senza decidere la propria direzione. Quando non si è più in grado di distinguere tra ciò che vale e ciò che è bello e ciò che, invece, non ha alcun peso e valore. Ribaltando continuamente il concetto, rendendo importante ciò che non ha alcun peso, e sminuendo ciò che invece potrebbe rendere questo procedere una "vita".

Mi sento talmente uno schifo da arrivare ad odiarmi, e talmente uno schifo da non essere nemmeno in grado di cambiare lo schifo che sono... come essere immerso in un buio senza fine che non mi da tregua, perché nasce da dentro di me...

Sono un idiota a non cogliere l'aiuto di chi vorrebbe darmelo, sono un idiota a permettermi di trattare chi è davvero importante come se non lo fosse. Come se qualcuno mi dovesse qualcosa... ma da quando... senza nemmeno la consapevolezza di rendersi conto di non dare nemmeno la metà di quanto si è avuto.
Possibile che non sappia più lottare per quanto mi è più caro?!
Ma cosa è rimasto di me... che cosa?
A volte davvero, giungo al punto di odiarmi così tanto da desiderare di scomparire per sempre, pur di non creare altri danni...

Amore mio, se per colpa mia devi piangere davvero meglio che mi seppellisca e scompaia per sempre, non lo posso sopportare... mi odio nel profondo, sono un essere che davvero non si può che odiare...
Mi dispiace... perché tu credi in me? Perché tu mi vuoi tanto bene? e io... io sono una persona così sbagliata?! Perché sono fatto così male, fino a questo punto, fino a non capire nemmeno cosa sto facendo...

Il meglio che riesco a fare oggi.. è scrivere cazzate...

domenica 19 agosto 2007

5 Centesimi

Il prezzo dell'aumento del fantastico disservizio che oggi ho acquistato. Sembra poco? Beh, anche un 1% non è da sottovalutare quando la qualità non riesce a migliorare, nemmeno di quel poco da rendere effettivamente un servizio tale.
Ma perché tanto astio, e contro chi forse vi domanderete.
La risposta è tanto ovvia quanto ormai noiosamente ripetitiva: Le ferrovie e i loro treni.

Quando mai il concetto di coincidenza potrà essere slegato da quello di casualità? Eppure pare che, in genere, in un servizio di trasporto le coincidenze vadano pianificate prima, per evitare, per puro esempio, che il treno coincidente parta prima dell'arrivo dell'altro. Posso comprendere quando vi sono ritardi di 15 minuti o addirittura mezz'ora (per quanto anche su questo punto vi sarebbe assai da discutere...) ma quando il treno ritarda di 5 minuti, perché non attenderlo almeno un paio di minuti, giusto per permettere ai signori viaggiatori di percorrere il sottopassaggio e raggiungere il treno coincidente. Ma pare essere una cosa tanto assurda?
E invece è così, non sussiste alcuna differenza tra una coincidenza programmata e scritta sulle tabelle degli orari dei treni, e quelle che uno può improvvisare a tavolino giocando sui ritardi, più o meno attesi che si presentano sempre sulle varie linee...
E intanto il prezzo lievita, ingiustificatamente, senza preavviso... così come un capriccio, quasi ti venisse fatto un piacere nel portarti a destinazione coi loro mezzi, e che quindi il “gioco” sia esclusivamente in mano loro.
E tutto questo alimenta una catena di effetti deleteri. Un lavoratore, con orari fissi, come può affidarsi ai treni per andare al lavoro, quando l'unica certezza che può avere è quella di incappare, presto o tardi, in qualche ritardo gigantesco. E poi ci si chiede come mai ci siano così tante macchine in circolazione e perché il livello di inquinamento nelle città e non solo sia così elevato. Ci dicono di risparmiare (ci dicono poi non vuol dire proprio nulla dato che non si sa mai a chi si rivolga quel “ci”) ma intanto nessuno si cura di migliorare il trasporto pubblico. Possibile che paia sempre un'illusione quella che mezzi pubblici possano un giorno sostituire i mezzi privati e che questo possa essere di beneficio per tutti? Eppure è così, so per certo che quando arriverò in stazione non ci sarà mai il pullman programmato all'incirca poco dopo l'orario di arrivo del treno... ma come biasimarli del resto, è risaputo che coi treni, se va bene si sa quando si parte ma quando si arriva resta un mistero. (Considerando che sono ancora in viaggio mentre dovrei essere già abbondantemente arrivato a casa...)

Forse lo sfogo è eccessivo, dato che qualche volta, funzionano... ma credo che sia proprio questo l'errore. Non ci si può permettere un servizio che non dia una garanzia assoluta di affidabilità! Il ritardo sopra i 3 minuti dovrebbe essere un eccezione non la regola, non dovrebbe esistere che già alla prima stazione ci siano più di 5 minuti di ritardo, altrimenti è ovvio che il sistema, le coincidenze, e gli incastri per permettere ad ogni treno di avere un binario sgombro su cui viaggiare non potranno mai funzionare.

sabato 21 luglio 2007

Se non è CeLta sarà SicuLa

ah i celti...
questi impavidi abitanti delle brughiere sterminate, dove piante spinose crescono fiere di poter vivere sul terreno freddo e ghiacciato, dove la caccia è una questione di vitale importanza, dove la lotta è ciò che distingue un Celta CeLto d'essere tale da uno non molto convinto...

Ma tutto questo che pare perso nella nebbia scozzese della storia antica viene rivissuto da gruppi rievocativi! Siccome m'è capitato di incappare in un fiero membro di Clan (un Celta Celto al 100%) ho scoperto questo gruppo chiamato "Il Cardo e il brugo" nome talmente auto esplicativo che non ve lo sto a spiegare...

Ovviamente la mia introduzione (si tratta sempre di RaDio Cane!) non è seria ma loro serissimi lo sono! E siccome hanno prodotto un simpatico filmato... ho ben pensato di mostrarlo al popolo di radio-lettori Canini...

Buona visione!

lunedì 2 luglio 2007

Vaffanculo Day

Iscriviti al Vaffanculo Day

Ci sono iniziative che Radio Cane vuole avvallare, e questa è una di quelle,
Già durante le elezioni avevo commentato il fatto che vi fossero TROPPI candidati che erano allo stesso tempo condannati in via definitiva...

Forse è davvero il tempo di dire BASTA!
Ma siamo tutti dei delinquenti se devono essere dei delinquenti a rappresentarci?!
Io voglio sperare di no...
Per questo dico Vaffanculo a tutto questo!



Iscriviti al Vaffanculo Day
Ecco il video dell'intervento di Beppe Grillo al Parlamento Europeo!

Da qui nasce l'idea del V-Day e i motivi di tutto quanto

lunedì 11 giugno 2007

Sogno di una Notte di Mezz'estate
On Stage! 9 Giugno 2007
- Notte Bianca a Pavia -

La sala è gremita, nella cornice del palazzo del comune (anche noto come Municipio) si raccoglie la gente pavese, per assistere (e partecipare) al sogno di una notte di Mezz'estate di questa notte bianca pavese.


Luca Giuliano, il nostro direttore, ci introduce al gioco e all'antica Grecia, ove si narrerà la storia, che nessuno ancora conosce, e che chissà i quale improbabile finale andrà a incagliarsi.


Tutto ebbe inizio alla corte d'Atene, laddove, sotto lo sguardo della regina Ippolita, del Duca d'Atene e di Filostrato venivano condotti, dal padre di lei: Egeo gli innamorati Lisandro ed Ermia, la quale, però era stata promessa sposa a Demetrio...
E da qua tutto prende vita il nostro sogno di mezz'estate...















Così i due pianificano una fuga d'amore, proprio nel bosco in cui tre attori dilettanti, Zeppa, Cannello e Sparuto si sono recati per provare il loro spettacolo (La morte dei tre cigni...)

Ma in quel boschetto qualcuno stava preparando loro una sorpresa, certo inattesa...














Perché Puck il folletto stava preparando uno dei suoi scherzi... Cheppoi di mezzo ci vadano gli uomini, che importerà ad un folletto che si vuol divertire?




Elena però, viene a sapere della fuga dei due e così decide di seguirli, nel bosco incantato assieme a Demetrio, il suo innamorato. (Notate l'espressione tipica di chi ha appena scoperto di poter conquistare il proprio amato)

Immancabilmente i nostri incontrano il folletto Puck, e da lui si fanno dare, le pozioni, anzi i filtri d'amore... chissà per quali loschi fini verranno mai usati!
(da notare, finalmente, anche Demetrio, invero sullo sfondo)


I colpi di scena si sussegguono mentre il pubblico, con sottile ironia (e divertimento) decide le sorti dei nostri eroi dell'antica grecia ed è così che...

Il nostro Demetrio cade combattendo con Lisandro, il quale lo ferisce, non a morte ma quasi. (Si direbbe esserci gioia nella sua soffrenza, ma chi siamo noi per giudicare?)

Ma è un uomo o un tiglio questo?!
O forse c'é chi si nasconde nella foresta, tramite abili sotterfugi, si mimetizza con gli alberi del bosco...
Ma non tutti riescono a sfuggire ai follettini...

E così alla Corte Fatata si preparano strani eventi, ed è così che il povero Cannello viene portato da Puck, al cospetto di Oberon (che niente meno che il Re dei folletti) che gli trasforma la sua testa in una testa d'asino! (ma non sono di coniglio quelle orecchie?!)
E tutto per far innamorare, con un filtro magico, Titania, la regina delle fate, dell'aspirante attore inasinato...



E intanto?! Il povero Lisandro viene lasciato da Ermia... mentre il nostro Sparuto s'é sbronzato e tenerlo in riga pare ardua impresa! Gioie e dolori, intrecci ed emozioni in un bosco che come mai è ora animato!


Voi avete capito qualcosa di questa storia?! Beh, sono sicuro che questa immagine vi chiarirà tutto... e il nostro prode Oberon sistemerà ogni situazione facendo tornare tutti felici e contenti...
(o quasi! Ihhh.... Oh!! e Cra cra ringraziano!)

Se qualcosa v'é sfuggito è perché non c'eravate, e sono sicuro che sentir di storie di mezz'estate così raccontate non avrete più intenzione, per cui mi raccomando, ora, prima della conclusione. La prossima volta, se non v'eravate,
venite con noi a sognare un Sogno di una notte Bianca di Mezz'estate!



Prima di salutarvi vi lascio nelle mani di Oberon, certo che lui, sistemerà ogni cosa, forse con un tocco di magia oppure con semplice fantasia...

Tutte le foto sono state fatte da Marco Chemollo
(se lo volete contattare scrivete a info(at)obbiettivonatura.it

lunedì 4 giugno 2007

Nebbie estive


- Giornata di sole, sul treno, mattina in viaggio verso Pavia... pensieri che s'affollano nella testa, dopo una delle domeniche più scure dell'inizio estate... si ripensa -


Notte, Sole, Notte e Sole ancora. Oggi non piove ieri ha scrosciato, domani?

Domani…

L’uomo pensa sempre al domani, col domani nell’uomo entra il seme del dubbio. Perché nessuno saprà mai il domani. Discorsi, parole… si parla si dice si comunica. Siamo forti per questo perché parliamo tra di noi. Sorrisi, consigli, parole. Siamo forti perché i sentimenti noi li codifichiamo non siamo bestie che seguiamo solo quello che si prova. Odori, suoni, colori. E poi ci si ferma ci si chiede cosa si sta provando, ed allora cresce nella convinzione di non provare più nulla e di pensare soltanto. Ragione, pensiero, istinto. Ogni cosa ha il suo posto, e tutte assieme si compongono in un puzzle che continua ad agitarsi. Ragione, fantasia, sognare. Non esiste luogo dove non ti seguiranno fanno parte di te come l’acqua e la carne. Dove muovi il tuo passo ora? Perché l’hai fatto, e se la ragione davvero l’avessi persa come posso ritrovarla? E se l’istinto non è che specchio della ragione cosa sono davvero? Domande, risposte, dubbi. In ognuno nasce il seme del dubbio da quando è piccino e non arriva al latte e si chiede cosa accadrà se non ci arriverà, e allora allunga la mano verso quella certezza. Poi si cade, certo, si piange, qualcuno arriverà. Certezze…

Fine, inizio, andare. Dove sono? in mezzo, all’inizio alla fine, di cosa? Perché? Altri dubbi si mescolano, non mi lasciano e mi assillano. Parole di altri. Dubbi di altri, e certezze in dubbio. È così, vedrai, forse se è il caso, o se non lo è… dubbi, certezze, a me ieri, così è oggi. Domani? Domani non si sa, non si può sapere, il dubbio… il sospetto. Giusto, sbagliato, migliore, peggiore. Esiste, o no? Quale mossa quale passo… verso il domani, certo inevitabilmente, quale domani? Quanti ce ne sono? Molti, certo, molti, ma ogni passo quanti non ci saranno, dove andare? E se vado poi… no, non torno indietro vado avanti.

Piango?

Ma poi, qualcuno arriva?

Ma io non piango…

Quindi? Sono solo?!

E se sbaglio? Ancora, un’altra volta, io… sbaglio sempre, in tutto?

Ieri stavo sbagliando? Certo

Domani? Chissà…Se non cado? Non mi serve qualcun altro…Tempo, aspettare, capire. Chi non parla aspetta, capisce e intanto e oggi? Che fa? Finge?! Oh no, non lo posso fare, non creare il domani su un oggi che non è quello che è. Che fare?! Domani… un passo, allungo la mano a chi me l'ha tesa. Certezze, non cado più...

martedì 29 maggio 2007

L'ultima esplorazione

Infine la decisione fu presa. Ci attrezzammo per completare l’esplorazione della misteriosa Sorgente. Per arrivare fino in fondo a quel torrente, quasi ai suoi piedi si dovesse aprire un paesaggio incantato fatto di valli boscose e acque limpide. Io, il prode cugino e Pica, ovviamente, la squadra che da sola avrebbe affrontato le insidie della sorgente.

Fu così che ancora ci spingemmo tra melme e rocce, fino alla cascata; alla grande cascata. Una pietra spuntava nel mezzo della pozza in cui l’acqua si tuffava, una sorta di piccola isola. Le acque azzurre, talmente cristalline da non sembrare nemmeno vere. Ma non dovevamo fermarci lì, non era per quello spettacolo che avevamo affrontato il cammino fino a lì. Pica era la più agile sul fango, ma la meno capace di scalare le rocce, ma certo nessuno meglio di lei avrebbe potuto trovare la via per aggirare l’ostacolo della cascata. Così, inerpicandoci tra rami e arbusti risalimmo attraverso il bosco, per girare attorno alla cascata e arrivare sotto di essa. Certo sporchi di fango fino alle ginocchia, ma cosa importava questo se davanti a noi avevamo quello spettacolo. Quella conca di roccia sulla quale l’acqua si rifletteva intessendo intrecci di luce. E schiumava cadendo dalla cascata, e smuovendo la pozza. Guardavamo quello spettacolo, mentre un’idea si concretizzava nelle nostri menti. Lì, un giorno, avremmo fatto il bagno.

Ma non ora, non quel giorno, mentre fantasticavamo su una possibile muta per ripararci dal gelo delle acque, si proseguiva il nostro cammino lungo il greto del torrentello. Saltando da una roccia all’altra, e cercando di evitare di inzuppare i piedi nelle buche d’acqua che, fredda com’era, certo non doveva essere un gran piacere.

Il torrentello correva, saltando da una buca all’altra, in mezzo alle rocce, a piccole grotte e anfratti. Tra gli alberi del bosco, che dal torrente sembravano quasi infiniti. Buche, acqua azzurra… un intero mondo racchiuso in una valle che ci sembrava fuori dal tempo e dallo spazio, un luogo magico e infinito.

Camminavamo certo, ma in fondo, la speranza era che la nostra esplorazione potesse non finire mai. Intanto la Sorgente iniziava a perdere in pendenza, a scorrere più lenta, in piano. Certo gli alberi ancora ci coprivano la visuale, e in realtà non avevamo occhi che per quel torrentello, per gli ostacoli da superare, per Pica da portare oltre le buche, sollevandola quando necessario. Ampie pozze da osservare, movimenti nell’acqua, certo pesci! Erano piccoli pesciolini neri, ma erano lì, e nuotavano a meno di un metro da noi. Veri pesci nella nostra Sorgente, che ora si vedeva era più che mai viva, e noi li osservavamo e saremmo rimasti anche lì, appostati tra le erbe ad osservarli se la nostra curiosità non fosse stata più forte. Se non fossimo stati animati sin dall’inizio della giornata dal desiderio di arrivare fino in fondo, questa volta, fino in fondo. Non era facile, affatto, le buche erano più grosse qua, spesso i sassi per passare erano davvero piccoli, o sporgevano solo di qualche centimetro dall’acqua.

Ma nemmeno questi ostacoli, così insignificanti parevano poterci fermare. È quasi incredibile come spesso accada che in un torrente, ci sia sempre un sasso, o una sequenza di pietre che permettano di passare da un lato all’altro senza bagnarsi. A volte, davvero, è solo questione di osservare con attenzione e un sentiero lo si trova, un passaggio e poi, con un salto, o due, e con la dovuta attenzione… si arriva dall’altra parte. E da lì si prosegue. Certo capitava di finire in vicoli ciechi, ma in un modo o nell’altro, su una sponda o sull’altra riuscivamo a proseguire…

Fino a che una grossa pozza, più che altro una distesa d’acqua non ci bloccò la strada. Scorreva lenta allargandosi da uno all’altro lato del ruscello, fino alle rive di terra e fango da dove gli alberi si affacciavano, sul pendio troppo ripido per essere percorso. E allora, davvero un po’ abbattuti e non senza aver tentato di trovare, disperatamente, un passaggio, rinunciammo a proseguire lungo il torrente. Andando di lato, su un sentiero che saliva attraverso gli alberi, e poi i rovi e poi… i campi.

Già non erano che pochi metri di alberi quelli che delimitavano il torrentello, e dietro a questi campi, campi di erba fatti a terrazze. Spaesati ci guardavamo attorno. Nessuna valle infinita e ricoperta di foreste inesplorate. Niente di tutto questo, alberi in lontananza, ma campi attorno a noi. E nemmeno tutt’attorno.

Poco più in là, case.

L’idea del bosco magico svaniva mentre camminavamo verso le case. Lentamente anche l’idea che potessero essere costruzioni isolate lasciava spazio alla realtà. Era la città.

Sembrava essere lei ad incombere su di noi, sul nostro spazio, sulla nostra Sorgente. E non i nostri passi che ci avvicinavano alle case.

Ancora non mi è ben chiaro come, ma ci ritrovammo, e posso assicurare, senza scavalcare, all’interno della recinzione di questo insieme di condomini. Suonammo da dentro il campanello per lasciarci uscire.

Eravamo in un quartiere, che io conoscevo. Praticamente dietro casa mia… del torrente? Nessuna traccia, doveva essere sotto, da qualche parte, sotto il cemento, sotto le case, sotto le strade. Chissà dove andava…

Ma così, la nostra valle era finita, il nostro bosco inesplorato scomparso… tutto era lì, attaccato alla città.

La nostra esplorazione era finita.

martedì 15 maggio 2007

Schivando la pioggia

Giusto questa mattina, tornavo in quel di Pavia.
Il classico dei classici viaggi in treno, di quelli che iniziano col sole, ti sbatacchiano su un sedile puzzoso e terminano con una pioggia scrosciante.
Ora avevo detto una volta che con la pioggia i treni sono più belli, romantici. Ecco, ciò non vale quando non si ha l'ombrello e la pioggia batte forte.

Non è nemmeno con rabbia che raggiunsi l'uscita della stazione, ma con risoluta accettazione. Pioveva: mi sarei bagnato. La cosa è piuttosto semplice.
Così mi infilai in mezzo alle persone ferme in attesa della fine della pioggia, costeggiando i muri per mettermi sotto vento ed evitare, il più possibile almeno, gli spruzzi dell'acqua.

Nessun altra ragione mi avrebbe spinto ad entrare nelle pensiline degli autobus. Una sorta di camera a Gas in cui enormi veicoli liberano i propri prodotti di combustione nel tentativo di saturare l'aria già inquinata della città. E il tutto avviene, nel caso vi fosse sfuggito, in un ambiente chiuso, per cui con un'accumulo spaventoso di gas di scarico.
Ho evitato la pioggia, ma forse non un tumore al polmone...

Ad ogni modo, in questo allegro ambiente c'erano tre ragazzi (ini) davanti ad un pulman che scalpitava per partire. Erano in tre e si passavano nervosamente una sigaretta. Il pulman fa per partire, il primo scatta verso la porta, il secondo lo segue tirando dalla sigaretta, ed il terzo agitato esclama "P***o D*o passa quella sigaretta". Che se lo dicesse un gangster in un qualche film sarebbe una frase ad effetto. Ma in quel posto, vicino ad un pulman, pronunicata con la voce ancora acerba e acuta di un adolescente, ha avuto solo la forza di mettermi una grande tristezza.

In compenso, però, ho preso molta meno pioggia...

lunedì 7 maggio 2007

Paura...

Non esiste al mondo, filo più sottile

Di quello che compone la trama di un Sogno.

Solo il pensiero di intrecciarlo, fugace

Mentre scivola dalle dita e scompare alla vista.


Troppo tozze le mani e inadatte le dita.

Non serve telaio, e grossolano è il fuso

Per quello che dal Mondo resta chiuso


Anche il pensiero più fine e ingombrante

In questa trama sottile e ammaliante

Non un pensiero, non una mano ci possono passare

Cosa allora lo potrà mai fare?



Karpakoff 7-05-2007


venerdì 13 aprile 2007

On Stage! Le streghe di Salem

Vox Populi!
Dice il gioco, e voce al popolo v'é stata in questa Salem...
Dove i contadini si tradiscono peggio che in Beautiful, dove gli sceriffi hanno un passato più oscuro di un incallito criminale...
Dove le condanne sono decise per soldi, una storia torbida, nata nell'aula del '400 in quel di Pavia... Grazie al pubblico che ha partecipato attivamente, e a sette gioc-attori sul palco, nessun attore, nessun copione e tanto divertimento. Questi gli ingradienti della serata.
(oltre ad un tocco di Rosmarino, e quel ditino mozzato in salamoia che ci dice sempre buono)


Era una calda serata Aprilena... in quel di Pavia. Un gruppo nato sul momento stava per far rivivere il XVII secolo... e la dura realtà del NewEngland... si vedono i volti tesi per l'imminente spettacolo.
(Nella foto Betzabea, Rebecca e Geremy Porter)

E questa è la pontentissima Vedova Milton, proprietaria delle terre di Salem (non tutte, ma buona parte)

Ed ecco qua il reverendo del paese intento, vorreste dubitarne? A confessare il buon Geremy, che spiega i suoi problemucci... intimi...


Ma la legge a Salem ha un volto, anzi due... ecco il Giudice Draiton e l'astuto Sceriffo (espressione astuta la sua... pensosa quella del giudice)


Battibecchi coniugali, nei quali non si può entrare in merito... (tra moglie e marito...)


La Recitazione (con la R maiuscola) si fa arte, tanto da far impallidire la pellicola della fotografia, il nostro reverendo ammette le sue colpe e le sue falsità dinnanzi al pubblico assorto...


Geremy viene graziato e ringrazia Iddio d'essere salvo.
Notare il Pathos, e preparatevi per la scena dopo che è meglio!


Il dito sccusatore verso la Vedova! "é stata lei!" Pare ancora di sentire la voce aleggiare nell'aria, voce che condanna la strega alla sua giusta pena.
[Notare Luca Giuliano, il nostro regista, completamente basito dalla piega che prendono gli eventi... ma il teatro interattivo è anche questo:"stupore!"]

Eccola infatti al patibolo... il "cappio" al collo... per lei è giunta la fine... (e anche per il gioco di teatro interattivo)

Belli bravi e buoni... insomma i migliori...
Il pubblico, forse non vede, ma è in visibilio!
Tempo per gli autografi non ce n'era... le fila di fans dovranno attendere...
Oppure salire sul palco la volta prossima per giocare da lassù!

mercoledì 28 marzo 2007

Non c'é Trippa per Gatti

Trippa da RaDio Cane

Da un po' mancava la rubrica culinaria sulla nostra Radio preferita... Ed ecco che vi accontentiamo...

Per quest'oggi vi proponiamo un piatto ad alto contenuto Beaudelaireiano, La Trippa.
Siccome l'evoluzione dei mezzi ci porta verso la multimedialità vi offriamo una ricetta illustrata.
In modo da gustare con gli occhi prima che col palato questa leccornia...

Versare il contenuto di una scatola di "Trippa" in una ciotola. (Il vero Beaudelaireiano usa SEMPRE una scodella per la colazione, preferibilemente quelle col manico come in figura).

Infornare (nel microonde) il composto, dopo aver aggiunto un po' d'acqua in modo che sia un poco acquettosa appunto. Il tutto cuocerà per tre minuti al massimo della potenza raggiungibile dal microonde.


Deliziare la vista coi pezzettoni che emergono, caldi e fumanti dalla brodaglia. L'odore di carne in scatola è naturale, e aromatizzerà anche il vostro ambiente domestico. (in questa versione la trippa è accompagnata da fagioli, che garantiscono un'aroma persistente nel locale in cui soggiornerete).

Che altro dire! Non resta che mangiare a man bassa questa prelibatezza prima che si raffreddi.

Attenzione:Prodotto altamente Beaudelaireiano, se ne sconsiglia l'assunzione nella stessa giornata di consumazioni ad alto contenuto autolesionistico, come prodotti di mensa o pizze surgelate con ovetto.






sabato 24 marzo 2007

Illusione...

Vivere in un sogno

Convivere col timore

Che ogni mattino

Lo possa sciogliere per sempre

( Karpakoff 24-02-07 )

lunedì 12 marzo 2007

La scoperta della Sorgente

- La grande Cascata -

Un’altra avventura, un altro giorno. Ancora dovevamo scoprire molto di quel luogo misterioso. La stretta valle era circondata da un bosco piuttosto fitto. Piccoli alberi di nocciolo e castagni contornavano il tortuoso torrente. Scendevamo aggrappandoci alle rocce melmose e cercando ad ogni passo di non cadere in una pozza d’acqua gelata. L’emozione era grande dinnanzi a quelle terre inesplorate, ogni cascatella ci pareva una grande parete rocciosa da superare con coraggio. Come sempre Pica ci seguiva in questa impresa. Per lei il cammino era molto più lungo perché nonostante le quattro zampe motrici proprio non poteva arrampicarsi per le pietre. Così ci guardava spuntando ogni tanto dal sentiero che a mezza costa dominava la valletta qualche metro sopra di noi.

Fu improvviso e sorprendente il rumore che riempì quella piccola valle. Superiore a quello di qualsiasi altro salto d’acqua che avevamo precedentemente attraversato. Camminavamo carichi di aspettative verso questo ignoto salto d’acqua che ci richiamava col suo rumore costante e interminabile. La Sorgente, perché questo era oramai il nome che l’intero torrentello aveva acquisito per noi, degradava in un tratto quasi pianeggiante, circondato da piccoli alberelli. Quasi un preludio alla scena che avremmo avuto dinnanzi di lì a poco: la Grande Cascata.

Improvviso un salto di quattro metri almeno, praticamente uno strapiombo ai nostri occhi, dal quale l’acqua si tuffava in una pozza azzurra scavata nella roccia. Le immagini del Niagara, del Rio delle Amazzoni, viste nei documentari parevano essersi concretizzate improvvisamente davanti ai nostri occhi. Certo v’erano altre cascate prima lungo il corso del torrentello, ma in quelle l’acqua scorreva come una sottile pellicola sopra le rocce. Qua invece, si raggruppava in un unico fiotto per poi tuffarsi di sotto in una pozza d’acqua. Addirittura v’era una piccola isola in quel laghetto, in realtà una grossa roccia circondata dall’acqua. Ma quanto bastava per creare nelle nostre menti l’immaginario di un lago profondo dalle acque azzurre e popolato di pesci ed altri animali. Il rumore della cascata riempiva l’aria colma delle nostre attese. Non servivano parole, non c’era niente da dire. La Natura ci avvolgeva con la sua inattesa forza e la sua irruenza. Fin’ora eravamo scesi, c’eravamo calati sulle rocce coperte di muschio, eravamo affondati con le scarpe da ginnastica nel fango, ma eravamo riusciti ad evitare di bagnarci. Ma adesso… adesso la Sorgente c’aveva messo davanti un ostacolo che non potevamo superare.

Per la prima volta tornammo indietro. Poteva finire la nostra esplorazione. Per quel giorno, per quel pomeriggio, per fare ancora in tempo ad arrivare a casa e berci una bottiglia di the freddo, raccontandoci dei nostri piani delle nostre vite. Lontani anni luce da quella cascata sulla quale saremmo ritornati, un altro pomeriggio. Certo non per affrontarla, era impossibile, ma aggirarla e continuare le nostre esplorazioni. Perché quel piccolo torrente, doveva essere scoperto. Dovevamo assolutamente fare questo passo, convinti ce lo dicevamo, finendo la bottiglia di the con qualche dolcetto.

Saremmo tornati con rinnovato spirito e certi di proseguire questo viaggio verso l’ignoto, ormai nulla c’avrebbe fermato, la prossima volta nulla ci avrebbe ostacolato. Ci saremmo spinti fino in fondo, calcolando bene i tempi dell’impresa.

La scoperta della Sorgente

- Piccola ed eroica -

Al giorno d’oggi in cui tutto al mondo sembra essere già stato scoperto, già visto, credo che in pochi abbiano avuto la fortuna di potersi avventurare in un luogo inesplorato.

Certo, inesplorato lo era solo nella mia fervida immaginazione. Ma posso assicurare che questo è più che sufficiente.

Feci fatica a ricordarmi la strada per tornare alla Sorgente. La seconda volta che vi tornai mi sembrò più lunga e diversa. Malgrado fossi convinto di avere dei punti fissi per orientarmi, spesso li perdevo ed ogni volta mi pareva di calarmi in uno spazio nuovo e misterioso.

Portai il mio migliore amico in questo posto. Anche lui poteva condividere con me l’immaginazione di un luogo inesplorato. Il fascino di un torrente d’acqua sconosciuto, e degli alberi a perdita d’occhio. Ora che la prima scoperta era stata fatta bisognava esplorare tutto il nuovo territorio, e non era impresa da poco.

Iniziammo così la discesa a valle della sorgente vera e propria. Dove il ruscello cresceva in portata, formando pozze e cascatelle. Con gli occhi stupiti di chi si trova davanti ad un nuovo mondo, osservavamo ogni singolo giro d’acqua, gli strani depositi di calcare, le forme delle pietre scolpite dalle acque correnti.

Ogni giorno ci spingevamo un poco più in giù, il torrente sembrava infinito svelandoci ogni giorno nuovi paesaggi, con buche profonde anche più di un metro e cascate altrettanto alte. Era la nostra terra dimenticata da tutti. Sembrava davvero di essere come gli esploratori dei documentari.

La somma felicità era di chi ci accoglieva a casa, quando rientravamo dalla spedizione completamente ricoperti di fango…

Ma non mancavano i pericoli, ricordo un giorno in particolare della nostra avventura. Oramai avevamo esplorato tutta la parte a monte della Sorgente, e ne conoscevamo bene i sentieri che ci avrebbero potuto condurre alla civiltà. Eravamo sempre in tre, io, il mio amico nonché cugino e compagno di esplorazioni, e Pica, fedele cagna che si dimostrò eroica in questa occasione…

Stavamo rientrando verso casa, consapevoli che il sentiero ci avrebbe portato vicino ad una grande villa sorvegliata da cani lupo…

Il percorso era già stato testato, ma quel giorno eravamo particolarmente agitati. Dei latrati di cani si diffondevano per il bosco. L’istinto ci spinse ad armarci di sassi e bastoni, convinti che se uno di quei cani si fosse avventato su di noi avremmo potuto colpirlo abbastanza forte in testa da lasciarlo stordito. In realtà avevamo abbastanza paura, e speravamo che un simile incontro non sarebbe mai avvenuto…

Eravamo quasi in vista della strada che conduceva alla ultima casa prima del bosco. Appunto la grande villa sorvegliata da cani. Quando vedemmo scendere, proprio dalla strada che volevamo raggiungere, due grossi cani lupo. Non avevano padrone.

Cercammo di proseguire nella speranza che i due cani ci ignorassero. I due cani erano davvero grossi, e altrettanto poco raccomandabili. Ma i due ci si fecero sempre più vicini…

Per fortuna Pica non era legata al guinzaglio…

Infatti appena i due furono abbastanza vicini sentirono immediatamente l’odore della cagnetta.

E Pica se ne accorse, sapeva di essere in minoranza, sia fisica che numerica… ma aveva un vantaggio sui due cagnoni…

Così iniziò a correre!

Dovete sapere che Pica era forse la cagna più veloce che avessi mai visto, e a quei tempi era in forma particolarmente fenomenale… presto scomparì tra gli alberi del bosco portandosi dietro i due cani lupo.

Ci aveva sgombrato la strada… per noi era assolutamente impossibile stare dietro ai cani. Correvano troppo velocemente, e si infilavano tra arbusti troppo intricati per noi. Ci avviammo verso la strada, incerti sul da farsi…

Furono lunghi attimi di attesa e di speranza, ma alla fine, la stoica cagnetta ricomparse dalla vegetazione. Con la lingua penzolante ed il fiato corto. Ma sorridente come solo un cane può esserlo. Probabilmente i cani furono richiamati dal loro padrone, ma mi piace pensare che Pica li avesse ben staccati, e conoscendo bene, probabilmente meglio di noi, quella zona, li avesse seminati. In ogni modo nessuno della spedizione poté dubitare del suo eroismo nel salvarci dai due grossi cani.

Non oso immaginare come sarebbero andate le cose se lei non fosse stata con noi.

Ma eravamo ancora lontani dallo scoprire tutti i misteri della Sorgente, e altre avventure ci aspettavano e ci trascinavano con sempre maggiore entusiasmo in quel boschetto, a percorrere quel torrentello.

La scoperta della Sorgente

- La nuova scoperta -

Quando si è più piccoli si vivono avventure incredibili. O almeno diventano tali quando le si rivede nella memoria. Ho letto libri, di storie inventante, che avevano trame con meno fascino. A volte solo le nostre memorie, ed un ruscello possono creare le più grandi delle avventure.

Anzi tutto i protagonisti, che oltre a me hanno affrontato questa impresa.

Molti bambini sono stati condotti sui sentieri della vita dai propri nonni. Ed anche in questo caso era mio nonno ad accompagnarmi. È unico, è stato lui ad insegnarmi una marea di cose. Per esempio che assicurando un cuscino al portapacchi di una bici, quella diventasse una bi-posto niente male. Oppure che quando si viene sorpresi, lontano da casa, da un acquazzone al quale non si era preparati, non resta che cantare a squarciagola e proseguire. Tutto sommato non siamo di zucchero e l’acqua non ci scioglie. (dovrò ricordare anche gli altri nonni della mia infanzia, dato che solo grazie a tutti loro sono cresciuto, se non parlo di loro è soltanto perché non entrano in questa vicenda). Ma la cosa più importante, era il suo spirito d’avventura, malgrado si trovasse molto lontano dalla sua casa. Questo era il Dziadek. (che non è uno strano soprannome, ma significa appunto “nonno” in polacco).

Il secondo membro della spedizione, ed unica femmina, era la mia cagna Pica. Ancora piccola e piena di energie, era quella che, grazie all’intuito e al fiuto canino, conosceva meglio i luoghi delle nostre avventure. O almeno dava questa impressione. Compagna instancabile correva battendo tutte le possibili direzioni, per poi tornare sui suoi passi e controllare che fossimo dietro di lei.

Infine v’ero anche io. Un ragazzino con poca concezione della realtà e che non aspettava altro che poter esplorare il mondo che lo circondava. Convinto di sapere tutto, ma in realtà completamente ignorante… ma quando si è così piccoli si fatica ad ammettere i propri errori.

Era questo il gruppo che partì alla Scoperta della Sorgente.

Erano i caldi giorni dell’estate. Quelle giornate soleggiate che spingono anche i più pigri fuori dalle mura domestiche. E noi non fummo di meno. La sfida che ci si parava dinnanzi, era la collina boscosa che circonda a nord-ovest la nostra città. Vi ero già stato, in auto, diverse volte. Ma quel giorno avrei dovuto conquistarla a piedi. Battendo sentieri sconosciuti, fino a raggiungere il luogo a me conosciuto. Dato che in macchina il tragitto era breve, non poteva poi essere così lontano.

Con lo spirito di chi si inoltra in una foresta vergine, iniziammo la nostra ascesa.

Non conoscevo i sentieri, e il Dziadek ancor meno di me. Seguivamo la mia immaginazione, il mio (scarso) senso dell’orientamento e Pica, che tra una annusata e l’altra teneva il passo.

Nessuno aveva un orologio. Sarebbe stato un vincolo troppo stringente, per noi esploratori delle foreste. L’equipaggiamento era minimo, l’intera impresa non avrebbe dovuto occupare più di un pomeriggio. Ben prima del calare del Sole avremmo dovuto essere già di ritorno a casa. Non era questo il primo dei nostri giri d’esplorazione, e non fu certo nemmeno l’ultimo. Ma non procediamo con ordine.

La giornata era soleggiata, e camminare per il bosco era un piacere. Come punto di riferimento s’era preso quell’enorme ripetitore della televisione, che deturpa parte del versante collinare che s’affaccia sulla città. Questo fu il primo errore, dato che appena entrammo nel bosco, lo si perse di vista.

Il secondo errore fu quello di non portarsi riserve idriche. Certo il percorso doveva essere breve, per questo non c’eravamo portati alcun che… ma non tutti i mali…

Dicevamo, la salita procedeva tranquilla, i sentieri erano un opinione per il nostro gruppo. Io non li conoscevo, e il Dziadek era abituato a non seguirli e fidarsi del suo istinto. Pica seguiva dei sentieri odorosi che erano chiari a lei sola.

Il fitto del bosco ci portò a una distanza infinita dal mondo civile. È come una magia, quando in tutte le direzioni di circondano solo alberi, rocce e cespugli ti pare impossibile che non lontano ci possano essere tracce di umanità. L’esplorazione di questo ambiente selvaggio non poteva che esaltarci.

Fu dopo alcune ore che ci rendemmo conto d’aver perso ogni contatto con la nostra meta. Il Sole iniziava a calare, e oramai dovevamo abbandonare il nostro progetto. Ma il modo fantasioso con cui c’eravamo fatti strada fino a quel punto non ci permetteva di tornare indietro sui nostri passi. Era necessario trovare un’altra via, più breve che ci portasse a casa. O almeno trovare una qualche traccia di umanità… qualcuno a cui chiedere la direzione. E le nostre gole iniziavano ad essere sempre più secche… la lingua di Pica penzolava come una fettina di carpaccio.

Senza mezzi termini puntammo alla discesa, scendendo lungo il crinale boschivo in linea retta. O quello che a noi poteva parere una discesa in questa direzione. Il nostro tentativo ebbe il risultato sperato. Con sorpresa sbucammo dalla foresta, per trovarci in un prato. Una casa circondata da un cancello si ergeva solitaria al limitare del prato stesso.

All’inizio credemmo che fossero i nostri occhi ad ingannarci, ma man mano che ci facevamo più vicini questo dubbio si dissolse. Nell’angolo della recinzione si trovava un rubinetto. Increduli ci avvicinammo, incuranti (o quasi) del cane di casa che ci abbaiava contro.

Con una foga che solo chi ha davvero sete può capire, ci avventammo sul rubinetto cercando di svitarlo. Scesero alcune gocce d’acqua… ma nient’altro…

Un certa sfiducia nella nostra impresa iniziava a pesarci addosso. Non sapevamo dove eravamo finiti, ne quale fosse la strada migliore per ritornare. Certo, potevamo proseguire discendendo semplicemente il crinale, prima o poi saremmo inevitabilmente giunti in città. Così proseguimmo seguendo la recinzione della casa. Fino a raggiungere una strada asfaltata che stava più in basso. Un metro e mezzo sotto al prato da cui venivamo, e separata da questo da un muretto di sassi.

Un uomo, stava appoggiato al muro, e ci osservava incuriosito. Certo chissà quali domande si poneva nel vedere il nostro eterogeneo gruppo spuntare da un prato che, col senno di poi, doveva essere certamente di proprietà privata. Era piuttosto magro, con una barba lunga un paio di centimetri. Aveva uno di quei moderni bastoni da passeggio, che somigliano ai bastoni da sci. Indossava una tuta, verde. O almeno così appare nei miei ricordi.

Non essendovi nessun’altro, e non avendo noi la più pallida idea su quale fosse la migliore direzione da intraprendere, decidemmo, senza troppi esitazioni, di chiedere aiuto a costui. Quasi fosse stato lì solo per aspettarci, ci rispose gentilmente, e ci condusse nuovamente verso il bosco. Imboccando un sentiero che si allontanava dalla strada. Ricordo con chiarezza la sua domanda fatidica: “Volete fare la strada con o senza l’acqua?”. La mia gola secca, e la curiosità non mi fecero esitare neppure un istante! “con l’acqua!” risposi entusiasta. Non immaginavo se questo avrebbe o meno allungato il tragitto, ma non m’importava, dovevamo bere.

Il sentiero costeggiava la montagna, passando sopra diversi torrenti. Secchi data la stagione. I piccoli avvallamenti erano una piccola sfida al nostro passaggio. Ma soprattutto un prezioso indizio per ricordare in futuro di quella via. La speranza dell’acqua promessa e l’ombra degli alberi rendevano il cammino più agevole ed il passo più sostenuto. Ben presto ci trovammo nel fitto del bosco. La nostra guida procedeva sicura, dando l’impressione, certo veritiera, di conoscere alla perfezione quei luoghi per noi tanto remoti.

D’improvviso, quasi inatteso, il rumore dell’acqua si mischiò a quello del vento fra le foglie. Con rinnovato entusiasmo affrontammo l’ultimo pezzo del sentiero. Incuranti e spavaldi dinnanzi alle discese fangose, aggrappandoci ai piccoli alberi che crescevano ai margini del percorso. Ovviamente la cosa non vale per Pica, che possedendo ben quattro arti motrici, nessuno dei quali prensili, se la cavava senza ausili esterni.

Raggiungemmo così il mitico luogo: La Sorgente. Una piccola valle si apriva dinnanzi a noi, trasversale rispetto al sentiero. E da un buco nella roccia, coperto da una lastra metallica, sgorgava impetuoso un ruscello di acqua. La frescura di quel luogo da sola sarebbe potuta bastare a rinvigorirci. Ma non potemmo resistere alla tentazione di bere a quella fonte. Ampie boccate di freschissima acqua. Infinitamente migliore di quella che usciva dai rubinetti di casa nostra. Se il Sole non fosse stato già basso, e ancor più tenue fra gli alberi del bosco, ci saremmo certo trattenuti ancora in quel luogo incredibile.

La nostra guida ci condusse infine, attraverso una via che percorreva i piccoli appezzamenti strappati al fianco della collina, fino alle case della città. Qua ci salutammo, e prendemmo la via di casa. Non l’avremmo più rivisto. Il Sole stava ormai tramontando, ma tornavo a casa davvero felice. Per una nuova conquista, certo, ma soprattutto per l’aver trovato una terra da esplorare. Già perché le avventure, le scoperte in quel bosco, ed attorno a quel piccolo corso d’acqua non erano affatto finite. Anzi questo era solo l’inizio.


Come un tempo fece per la politica, la vostra (amata?) RaDio Cane si sottopone pure al test sulle religioni... non c'é molto da spiegare, il test è in inglese e in fondo trovate il link, se v'aggrada... sembra ben fatto, anche se alla fine in questi test spesso si capisce dove vogliano andare a parare le domande che ti vengono fatte...


You scored as atheism. You are... an atheist, though you probably already knew this. Also, you probably have several people praying daily for your soul.
(Sei Risultato ateo. Tu sei... Ateo, anche se probabilmente lo sapevi già. Inoltre, probabilmente, ci sono molte persone che pregano ogni giorno per la tua anima)

Instead of simply being "nonreligious," atheists strongly believe in the lack of existence of a higher being, or God.
(Gli atei non sono soltanto "non-religiosi" ma credono fermamente nella non esistenza di un essere superiore, o di un Dio)

atheism


71%

Buddhism


67%

Paganism


67%

Satanism


54%

Islam


54%

agnosticism


50%

Hinduism


38%

Judaism


33%

Christianity


25%

Which religion is the right one for you? (new version)
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lunedì 5 marzo 2007

La Luna s'eclissa...

... e noi la guardiamo!


Dalle Finestre di RaDio Cane, ecco la luna che si va ad eclissare, con tanto di arrossamento per la timidezza di dare sì pubblico spettacolo a tutta la popolazione europea (notoriamente assai guardona e spettegolante).


Ecco la Luna in tutto il suo timido rossore.


E qua mentre si sta eclissando, oppure la stiamo eclissando mettendoci nei panni del nostro bel pianeta.

(Le foto sono opera di Marco Chemollo - fotografo naturalista)

venerdì 2 marzo 2007

Eclissi di Luna

Domani, quasi verso mezzanotte, la Terra si frapporrà fra il Sole e la Luna, creando il ben noto fenomeno delle eclissi.

Domani notte, la luna si colorerà di rosso ed essendo piena, lo spettacolo è da poco.

Domani notte, molte delle persone saranno in città, in mezzo ai palazzi o chiusi in una discoteca o in un pub.

Domani notte molti non avranno il tempo, o semplicemente non si ricorderanno (o non avranno mai pensato) di levare il naso verso il cielo, per una semplice curiosità. Per vedere qualcosa di inaspettato. Un tempo, qualche anno fa… ma nemmeno molti dai. Forse il mondo si sarebbe fermato per assistere ad un simile fenomeno. In mezzo ai cieli di campagna, carichi di stelle quasi da scoppiare, la luna che si tingeva di rosso, non poteva che essere uno spettacolo affascinante quanto terrificante. Quante storie di Demoni, diavoli o fantasmi potrebbe creare un simile fenomeno?

(Pensare poi che l’idea di Diavolo nasce solo per demonizzare la divinità della tribù rivale… questa è niente meno che l’etimologia di Belzebù )

Insomma molti si perderanno questo spettacolo, magari qualcuno leggendo RaDio Cane se ne ricorderà e solleverà per qualche minuto il naso verso il cielo. A guardare la Luna tingersi di Rosso e per un attimo magari dimenticare la fisicità del fenomeno per tuffarsi nella fantasia di una favola che si intreccia coi sogni di una notte di fine inverno.


lunedì 19 febbraio 2007

Bergamo Pavia 18-02

Ritorno a Pavia...

Diretti a Pavia, nel buio di una serata di Febbraio che vuole ricordare che l’inverno non c’ha abbandonato del tutto.

Il vagone è una storia d’altri tempi, carico degli odori ci mostra un mondo color seppia attraverso i finestrini. Non pensiate che sia un effetto dato dal mio umore, quanto bisognerebbe ringraziare gli spessi strati multipli di incrostazione ben sovrapposti al vetro. I sedili macchiati dagli anni spaventano gli incauti viaggiatori. Soprattutto quando vengono a sapere che sono appena passati coloro che devono pulire. Probabilmente si sono adoperati a far allontanare antichi resti murini, e di altre bestie accoccolate sopra i sedili, ed a sgombrare le ragnatele che forse ostruivano il passaggio. Ragnatele? Ma che dico? Dopo cinquanta o forse sessanta anni di interrotto servizio su questo vagone certo non vi sono ragni. Forse altri piccoli aracnidi, come gli acari, si trovano molto bene a loro agio nel morbido tessuto avvolti nel clima tropicale del vagone. E in tutto questo cresce il formicolio della mia gamba destra, certo per mia colpa che l’ho messa troppo vicina al lato del treno, dove il calore per poco non fonde il metallo stesso, cercando di mischiarlo con la suola delle mie scarpe.

Spero che i pantaloni non prendano fuoco tanto facilmente.

E spogliarmi non si può, la sola idea di poggiarsi a questi sedili fa immaginare milioni di piccole creature annidiate tra il tessuto che altro non aspettavano per saltare su di un essere umano e mangiucchiare qualche scaglia della nostra pelle. Per loro sì, ogni viaggio è una festa.

Chissà... forse... un giorno...

Forse un giorno davvero lo vivrò per godere il momento di quel giorno soltanto.

Chissà forse un giorno avrò la certezza di avere un futuro quasi sicuro, un obbiettivo che vada oltre alla prossima settimana,

Chissà, forse un giorno metterò le mie energie in quello che mi piace, anche per un giorno soltanto dimentico di tutti i vincoli del dovere.

Chissà forse un giorno non avrò alcuna remora nel dire quello che penso, perché avrò di fronte qualcuno disposto ad ascoltarmi, senza dubitare della mia sincerità.

Chissà forse un giorno vedrò il mondo con l’ottimismo di un domani migliore del giorno attuale.

Chissà forse un giorno guarderò una ragazza dritto negli occhi, e non avremo bisogno di dire di amarci per averne entrambi la certezza.

Chissà forse un giorno mi sentirò sicuro di quello che so fare, e troverò la strada giusta per incanalare le mie capacità.

Chissà forse un giorno avrò la possibilità di unire quello che devo fare con quello che so fare, senza avere il timore, e la velata consapevolezza, di non esserne all’altezza.

Chissà forse un giorno non guarderò all’oggi come ad un momento di passaggio da superare in attesa di un domani migliore.

Chissà forse un giorno prenderò un treno non per spostarmi, ma nell’attesa di quello che troverò all’arrivo.

Chissà forse un giorno avrò il coraggio di propormi davvero in quello in cui potrei credere d’essere all’altezza.

Chissà forse un giorno non vedrò i miei progetti infrangersi e ridimensionarsi a causa del poco tempo, della poca voglia, del poco spazio, delle poche risorse…

Chissà forse un giorno troverò davvero la forza e l’energia di innamorarmi senza aver paura di commettere solo un altro stupido errore.

Chissà…

Forse un giorno verrà…

Resta solo da chiedersi se basti attenderlo, o sia necessario mettere tutto se stesso affinché questo avvenga. Anche quando le motivazioni calano. Anche quando uno scoglio sembra insormontabile. Perché tirarsi indietro, cosa perderò nella prossima delusione?

Karpakoff (18 – 02 – 2007 )