mercoledì 28 marzo 2007

Non c'é Trippa per Gatti

Trippa da RaDio Cane

Da un po' mancava la rubrica culinaria sulla nostra Radio preferita... Ed ecco che vi accontentiamo...

Per quest'oggi vi proponiamo un piatto ad alto contenuto Beaudelaireiano, La Trippa.
Siccome l'evoluzione dei mezzi ci porta verso la multimedialità vi offriamo una ricetta illustrata.
In modo da gustare con gli occhi prima che col palato questa leccornia...

Versare il contenuto di una scatola di "Trippa" in una ciotola. (Il vero Beaudelaireiano usa SEMPRE una scodella per la colazione, preferibilemente quelle col manico come in figura).

Infornare (nel microonde) il composto, dopo aver aggiunto un po' d'acqua in modo che sia un poco acquettosa appunto. Il tutto cuocerà per tre minuti al massimo della potenza raggiungibile dal microonde.


Deliziare la vista coi pezzettoni che emergono, caldi e fumanti dalla brodaglia. L'odore di carne in scatola è naturale, e aromatizzerà anche il vostro ambiente domestico. (in questa versione la trippa è accompagnata da fagioli, che garantiscono un'aroma persistente nel locale in cui soggiornerete).

Che altro dire! Non resta che mangiare a man bassa questa prelibatezza prima che si raffreddi.

Attenzione:Prodotto altamente Beaudelaireiano, se ne sconsiglia l'assunzione nella stessa giornata di consumazioni ad alto contenuto autolesionistico, come prodotti di mensa o pizze surgelate con ovetto.






sabato 24 marzo 2007

Illusione...

Vivere in un sogno

Convivere col timore

Che ogni mattino

Lo possa sciogliere per sempre

( Karpakoff 24-02-07 )

lunedì 12 marzo 2007

La scoperta della Sorgente

- La grande Cascata -

Un’altra avventura, un altro giorno. Ancora dovevamo scoprire molto di quel luogo misterioso. La stretta valle era circondata da un bosco piuttosto fitto. Piccoli alberi di nocciolo e castagni contornavano il tortuoso torrente. Scendevamo aggrappandoci alle rocce melmose e cercando ad ogni passo di non cadere in una pozza d’acqua gelata. L’emozione era grande dinnanzi a quelle terre inesplorate, ogni cascatella ci pareva una grande parete rocciosa da superare con coraggio. Come sempre Pica ci seguiva in questa impresa. Per lei il cammino era molto più lungo perché nonostante le quattro zampe motrici proprio non poteva arrampicarsi per le pietre. Così ci guardava spuntando ogni tanto dal sentiero che a mezza costa dominava la valletta qualche metro sopra di noi.

Fu improvviso e sorprendente il rumore che riempì quella piccola valle. Superiore a quello di qualsiasi altro salto d’acqua che avevamo precedentemente attraversato. Camminavamo carichi di aspettative verso questo ignoto salto d’acqua che ci richiamava col suo rumore costante e interminabile. La Sorgente, perché questo era oramai il nome che l’intero torrentello aveva acquisito per noi, degradava in un tratto quasi pianeggiante, circondato da piccoli alberelli. Quasi un preludio alla scena che avremmo avuto dinnanzi di lì a poco: la Grande Cascata.

Improvviso un salto di quattro metri almeno, praticamente uno strapiombo ai nostri occhi, dal quale l’acqua si tuffava in una pozza azzurra scavata nella roccia. Le immagini del Niagara, del Rio delle Amazzoni, viste nei documentari parevano essersi concretizzate improvvisamente davanti ai nostri occhi. Certo v’erano altre cascate prima lungo il corso del torrentello, ma in quelle l’acqua scorreva come una sottile pellicola sopra le rocce. Qua invece, si raggruppava in un unico fiotto per poi tuffarsi di sotto in una pozza d’acqua. Addirittura v’era una piccola isola in quel laghetto, in realtà una grossa roccia circondata dall’acqua. Ma quanto bastava per creare nelle nostre menti l’immaginario di un lago profondo dalle acque azzurre e popolato di pesci ed altri animali. Il rumore della cascata riempiva l’aria colma delle nostre attese. Non servivano parole, non c’era niente da dire. La Natura ci avvolgeva con la sua inattesa forza e la sua irruenza. Fin’ora eravamo scesi, c’eravamo calati sulle rocce coperte di muschio, eravamo affondati con le scarpe da ginnastica nel fango, ma eravamo riusciti ad evitare di bagnarci. Ma adesso… adesso la Sorgente c’aveva messo davanti un ostacolo che non potevamo superare.

Per la prima volta tornammo indietro. Poteva finire la nostra esplorazione. Per quel giorno, per quel pomeriggio, per fare ancora in tempo ad arrivare a casa e berci una bottiglia di the freddo, raccontandoci dei nostri piani delle nostre vite. Lontani anni luce da quella cascata sulla quale saremmo ritornati, un altro pomeriggio. Certo non per affrontarla, era impossibile, ma aggirarla e continuare le nostre esplorazioni. Perché quel piccolo torrente, doveva essere scoperto. Dovevamo assolutamente fare questo passo, convinti ce lo dicevamo, finendo la bottiglia di the con qualche dolcetto.

Saremmo tornati con rinnovato spirito e certi di proseguire questo viaggio verso l’ignoto, ormai nulla c’avrebbe fermato, la prossima volta nulla ci avrebbe ostacolato. Ci saremmo spinti fino in fondo, calcolando bene i tempi dell’impresa.

La scoperta della Sorgente

- Piccola ed eroica -

Al giorno d’oggi in cui tutto al mondo sembra essere già stato scoperto, già visto, credo che in pochi abbiano avuto la fortuna di potersi avventurare in un luogo inesplorato.

Certo, inesplorato lo era solo nella mia fervida immaginazione. Ma posso assicurare che questo è più che sufficiente.

Feci fatica a ricordarmi la strada per tornare alla Sorgente. La seconda volta che vi tornai mi sembrò più lunga e diversa. Malgrado fossi convinto di avere dei punti fissi per orientarmi, spesso li perdevo ed ogni volta mi pareva di calarmi in uno spazio nuovo e misterioso.

Portai il mio migliore amico in questo posto. Anche lui poteva condividere con me l’immaginazione di un luogo inesplorato. Il fascino di un torrente d’acqua sconosciuto, e degli alberi a perdita d’occhio. Ora che la prima scoperta era stata fatta bisognava esplorare tutto il nuovo territorio, e non era impresa da poco.

Iniziammo così la discesa a valle della sorgente vera e propria. Dove il ruscello cresceva in portata, formando pozze e cascatelle. Con gli occhi stupiti di chi si trova davanti ad un nuovo mondo, osservavamo ogni singolo giro d’acqua, gli strani depositi di calcare, le forme delle pietre scolpite dalle acque correnti.

Ogni giorno ci spingevamo un poco più in giù, il torrente sembrava infinito svelandoci ogni giorno nuovi paesaggi, con buche profonde anche più di un metro e cascate altrettanto alte. Era la nostra terra dimenticata da tutti. Sembrava davvero di essere come gli esploratori dei documentari.

La somma felicità era di chi ci accoglieva a casa, quando rientravamo dalla spedizione completamente ricoperti di fango…

Ma non mancavano i pericoli, ricordo un giorno in particolare della nostra avventura. Oramai avevamo esplorato tutta la parte a monte della Sorgente, e ne conoscevamo bene i sentieri che ci avrebbero potuto condurre alla civiltà. Eravamo sempre in tre, io, il mio amico nonché cugino e compagno di esplorazioni, e Pica, fedele cagna che si dimostrò eroica in questa occasione…

Stavamo rientrando verso casa, consapevoli che il sentiero ci avrebbe portato vicino ad una grande villa sorvegliata da cani lupo…

Il percorso era già stato testato, ma quel giorno eravamo particolarmente agitati. Dei latrati di cani si diffondevano per il bosco. L’istinto ci spinse ad armarci di sassi e bastoni, convinti che se uno di quei cani si fosse avventato su di noi avremmo potuto colpirlo abbastanza forte in testa da lasciarlo stordito. In realtà avevamo abbastanza paura, e speravamo che un simile incontro non sarebbe mai avvenuto…

Eravamo quasi in vista della strada che conduceva alla ultima casa prima del bosco. Appunto la grande villa sorvegliata da cani. Quando vedemmo scendere, proprio dalla strada che volevamo raggiungere, due grossi cani lupo. Non avevano padrone.

Cercammo di proseguire nella speranza che i due cani ci ignorassero. I due cani erano davvero grossi, e altrettanto poco raccomandabili. Ma i due ci si fecero sempre più vicini…

Per fortuna Pica non era legata al guinzaglio…

Infatti appena i due furono abbastanza vicini sentirono immediatamente l’odore della cagnetta.

E Pica se ne accorse, sapeva di essere in minoranza, sia fisica che numerica… ma aveva un vantaggio sui due cagnoni…

Così iniziò a correre!

Dovete sapere che Pica era forse la cagna più veloce che avessi mai visto, e a quei tempi era in forma particolarmente fenomenale… presto scomparì tra gli alberi del bosco portandosi dietro i due cani lupo.

Ci aveva sgombrato la strada… per noi era assolutamente impossibile stare dietro ai cani. Correvano troppo velocemente, e si infilavano tra arbusti troppo intricati per noi. Ci avviammo verso la strada, incerti sul da farsi…

Furono lunghi attimi di attesa e di speranza, ma alla fine, la stoica cagnetta ricomparse dalla vegetazione. Con la lingua penzolante ed il fiato corto. Ma sorridente come solo un cane può esserlo. Probabilmente i cani furono richiamati dal loro padrone, ma mi piace pensare che Pica li avesse ben staccati, e conoscendo bene, probabilmente meglio di noi, quella zona, li avesse seminati. In ogni modo nessuno della spedizione poté dubitare del suo eroismo nel salvarci dai due grossi cani.

Non oso immaginare come sarebbero andate le cose se lei non fosse stata con noi.

Ma eravamo ancora lontani dallo scoprire tutti i misteri della Sorgente, e altre avventure ci aspettavano e ci trascinavano con sempre maggiore entusiasmo in quel boschetto, a percorrere quel torrentello.

La scoperta della Sorgente

- La nuova scoperta -

Quando si è più piccoli si vivono avventure incredibili. O almeno diventano tali quando le si rivede nella memoria. Ho letto libri, di storie inventante, che avevano trame con meno fascino. A volte solo le nostre memorie, ed un ruscello possono creare le più grandi delle avventure.

Anzi tutto i protagonisti, che oltre a me hanno affrontato questa impresa.

Molti bambini sono stati condotti sui sentieri della vita dai propri nonni. Ed anche in questo caso era mio nonno ad accompagnarmi. È unico, è stato lui ad insegnarmi una marea di cose. Per esempio che assicurando un cuscino al portapacchi di una bici, quella diventasse una bi-posto niente male. Oppure che quando si viene sorpresi, lontano da casa, da un acquazzone al quale non si era preparati, non resta che cantare a squarciagola e proseguire. Tutto sommato non siamo di zucchero e l’acqua non ci scioglie. (dovrò ricordare anche gli altri nonni della mia infanzia, dato che solo grazie a tutti loro sono cresciuto, se non parlo di loro è soltanto perché non entrano in questa vicenda). Ma la cosa più importante, era il suo spirito d’avventura, malgrado si trovasse molto lontano dalla sua casa. Questo era il Dziadek. (che non è uno strano soprannome, ma significa appunto “nonno” in polacco).

Il secondo membro della spedizione, ed unica femmina, era la mia cagna Pica. Ancora piccola e piena di energie, era quella che, grazie all’intuito e al fiuto canino, conosceva meglio i luoghi delle nostre avventure. O almeno dava questa impressione. Compagna instancabile correva battendo tutte le possibili direzioni, per poi tornare sui suoi passi e controllare che fossimo dietro di lei.

Infine v’ero anche io. Un ragazzino con poca concezione della realtà e che non aspettava altro che poter esplorare il mondo che lo circondava. Convinto di sapere tutto, ma in realtà completamente ignorante… ma quando si è così piccoli si fatica ad ammettere i propri errori.

Era questo il gruppo che partì alla Scoperta della Sorgente.

Erano i caldi giorni dell’estate. Quelle giornate soleggiate che spingono anche i più pigri fuori dalle mura domestiche. E noi non fummo di meno. La sfida che ci si parava dinnanzi, era la collina boscosa che circonda a nord-ovest la nostra città. Vi ero già stato, in auto, diverse volte. Ma quel giorno avrei dovuto conquistarla a piedi. Battendo sentieri sconosciuti, fino a raggiungere il luogo a me conosciuto. Dato che in macchina il tragitto era breve, non poteva poi essere così lontano.

Con lo spirito di chi si inoltra in una foresta vergine, iniziammo la nostra ascesa.

Non conoscevo i sentieri, e il Dziadek ancor meno di me. Seguivamo la mia immaginazione, il mio (scarso) senso dell’orientamento e Pica, che tra una annusata e l’altra teneva il passo.

Nessuno aveva un orologio. Sarebbe stato un vincolo troppo stringente, per noi esploratori delle foreste. L’equipaggiamento era minimo, l’intera impresa non avrebbe dovuto occupare più di un pomeriggio. Ben prima del calare del Sole avremmo dovuto essere già di ritorno a casa. Non era questo il primo dei nostri giri d’esplorazione, e non fu certo nemmeno l’ultimo. Ma non procediamo con ordine.

La giornata era soleggiata, e camminare per il bosco era un piacere. Come punto di riferimento s’era preso quell’enorme ripetitore della televisione, che deturpa parte del versante collinare che s’affaccia sulla città. Questo fu il primo errore, dato che appena entrammo nel bosco, lo si perse di vista.

Il secondo errore fu quello di non portarsi riserve idriche. Certo il percorso doveva essere breve, per questo non c’eravamo portati alcun che… ma non tutti i mali…

Dicevamo, la salita procedeva tranquilla, i sentieri erano un opinione per il nostro gruppo. Io non li conoscevo, e il Dziadek era abituato a non seguirli e fidarsi del suo istinto. Pica seguiva dei sentieri odorosi che erano chiari a lei sola.

Il fitto del bosco ci portò a una distanza infinita dal mondo civile. È come una magia, quando in tutte le direzioni di circondano solo alberi, rocce e cespugli ti pare impossibile che non lontano ci possano essere tracce di umanità. L’esplorazione di questo ambiente selvaggio non poteva che esaltarci.

Fu dopo alcune ore che ci rendemmo conto d’aver perso ogni contatto con la nostra meta. Il Sole iniziava a calare, e oramai dovevamo abbandonare il nostro progetto. Ma il modo fantasioso con cui c’eravamo fatti strada fino a quel punto non ci permetteva di tornare indietro sui nostri passi. Era necessario trovare un’altra via, più breve che ci portasse a casa. O almeno trovare una qualche traccia di umanità… qualcuno a cui chiedere la direzione. E le nostre gole iniziavano ad essere sempre più secche… la lingua di Pica penzolava come una fettina di carpaccio.

Senza mezzi termini puntammo alla discesa, scendendo lungo il crinale boschivo in linea retta. O quello che a noi poteva parere una discesa in questa direzione. Il nostro tentativo ebbe il risultato sperato. Con sorpresa sbucammo dalla foresta, per trovarci in un prato. Una casa circondata da un cancello si ergeva solitaria al limitare del prato stesso.

All’inizio credemmo che fossero i nostri occhi ad ingannarci, ma man mano che ci facevamo più vicini questo dubbio si dissolse. Nell’angolo della recinzione si trovava un rubinetto. Increduli ci avvicinammo, incuranti (o quasi) del cane di casa che ci abbaiava contro.

Con una foga che solo chi ha davvero sete può capire, ci avventammo sul rubinetto cercando di svitarlo. Scesero alcune gocce d’acqua… ma nient’altro…

Un certa sfiducia nella nostra impresa iniziava a pesarci addosso. Non sapevamo dove eravamo finiti, ne quale fosse la strada migliore per ritornare. Certo, potevamo proseguire discendendo semplicemente il crinale, prima o poi saremmo inevitabilmente giunti in città. Così proseguimmo seguendo la recinzione della casa. Fino a raggiungere una strada asfaltata che stava più in basso. Un metro e mezzo sotto al prato da cui venivamo, e separata da questo da un muretto di sassi.

Un uomo, stava appoggiato al muro, e ci osservava incuriosito. Certo chissà quali domande si poneva nel vedere il nostro eterogeneo gruppo spuntare da un prato che, col senno di poi, doveva essere certamente di proprietà privata. Era piuttosto magro, con una barba lunga un paio di centimetri. Aveva uno di quei moderni bastoni da passeggio, che somigliano ai bastoni da sci. Indossava una tuta, verde. O almeno così appare nei miei ricordi.

Non essendovi nessun’altro, e non avendo noi la più pallida idea su quale fosse la migliore direzione da intraprendere, decidemmo, senza troppi esitazioni, di chiedere aiuto a costui. Quasi fosse stato lì solo per aspettarci, ci rispose gentilmente, e ci condusse nuovamente verso il bosco. Imboccando un sentiero che si allontanava dalla strada. Ricordo con chiarezza la sua domanda fatidica: “Volete fare la strada con o senza l’acqua?”. La mia gola secca, e la curiosità non mi fecero esitare neppure un istante! “con l’acqua!” risposi entusiasta. Non immaginavo se questo avrebbe o meno allungato il tragitto, ma non m’importava, dovevamo bere.

Il sentiero costeggiava la montagna, passando sopra diversi torrenti. Secchi data la stagione. I piccoli avvallamenti erano una piccola sfida al nostro passaggio. Ma soprattutto un prezioso indizio per ricordare in futuro di quella via. La speranza dell’acqua promessa e l’ombra degli alberi rendevano il cammino più agevole ed il passo più sostenuto. Ben presto ci trovammo nel fitto del bosco. La nostra guida procedeva sicura, dando l’impressione, certo veritiera, di conoscere alla perfezione quei luoghi per noi tanto remoti.

D’improvviso, quasi inatteso, il rumore dell’acqua si mischiò a quello del vento fra le foglie. Con rinnovato entusiasmo affrontammo l’ultimo pezzo del sentiero. Incuranti e spavaldi dinnanzi alle discese fangose, aggrappandoci ai piccoli alberi che crescevano ai margini del percorso. Ovviamente la cosa non vale per Pica, che possedendo ben quattro arti motrici, nessuno dei quali prensili, se la cavava senza ausili esterni.

Raggiungemmo così il mitico luogo: La Sorgente. Una piccola valle si apriva dinnanzi a noi, trasversale rispetto al sentiero. E da un buco nella roccia, coperto da una lastra metallica, sgorgava impetuoso un ruscello di acqua. La frescura di quel luogo da sola sarebbe potuta bastare a rinvigorirci. Ma non potemmo resistere alla tentazione di bere a quella fonte. Ampie boccate di freschissima acqua. Infinitamente migliore di quella che usciva dai rubinetti di casa nostra. Se il Sole non fosse stato già basso, e ancor più tenue fra gli alberi del bosco, ci saremmo certo trattenuti ancora in quel luogo incredibile.

La nostra guida ci condusse infine, attraverso una via che percorreva i piccoli appezzamenti strappati al fianco della collina, fino alle case della città. Qua ci salutammo, e prendemmo la via di casa. Non l’avremmo più rivisto. Il Sole stava ormai tramontando, ma tornavo a casa davvero felice. Per una nuova conquista, certo, ma soprattutto per l’aver trovato una terra da esplorare. Già perché le avventure, le scoperte in quel bosco, ed attorno a quel piccolo corso d’acqua non erano affatto finite. Anzi questo era solo l’inizio.


Come un tempo fece per la politica, la vostra (amata?) RaDio Cane si sottopone pure al test sulle religioni... non c'é molto da spiegare, il test è in inglese e in fondo trovate il link, se v'aggrada... sembra ben fatto, anche se alla fine in questi test spesso si capisce dove vogliano andare a parare le domande che ti vengono fatte...


You scored as atheism. You are... an atheist, though you probably already knew this. Also, you probably have several people praying daily for your soul.
(Sei Risultato ateo. Tu sei... Ateo, anche se probabilmente lo sapevi già. Inoltre, probabilmente, ci sono molte persone che pregano ogni giorno per la tua anima)

Instead of simply being "nonreligious," atheists strongly believe in the lack of existence of a higher being, or God.
(Gli atei non sono soltanto "non-religiosi" ma credono fermamente nella non esistenza di un essere superiore, o di un Dio)

atheism


71%

Buddhism


67%

Paganism


67%

Satanism


54%

Islam


54%

agnosticism


50%

Hinduism


38%

Judaism


33%

Christianity


25%

Which religion is the right one for you? (new version)
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lunedì 5 marzo 2007

La Luna s'eclissa...

... e noi la guardiamo!


Dalle Finestre di RaDio Cane, ecco la luna che si va ad eclissare, con tanto di arrossamento per la timidezza di dare sì pubblico spettacolo a tutta la popolazione europea (notoriamente assai guardona e spettegolante).


Ecco la Luna in tutto il suo timido rossore.


E qua mentre si sta eclissando, oppure la stiamo eclissando mettendoci nei panni del nostro bel pianeta.

(Le foto sono opera di Marco Chemollo - fotografo naturalista)

venerdì 2 marzo 2007

Eclissi di Luna

Domani, quasi verso mezzanotte, la Terra si frapporrà fra il Sole e la Luna, creando il ben noto fenomeno delle eclissi.

Domani notte, la luna si colorerà di rosso ed essendo piena, lo spettacolo è da poco.

Domani notte, molte delle persone saranno in città, in mezzo ai palazzi o chiusi in una discoteca o in un pub.

Domani notte molti non avranno il tempo, o semplicemente non si ricorderanno (o non avranno mai pensato) di levare il naso verso il cielo, per una semplice curiosità. Per vedere qualcosa di inaspettato. Un tempo, qualche anno fa… ma nemmeno molti dai. Forse il mondo si sarebbe fermato per assistere ad un simile fenomeno. In mezzo ai cieli di campagna, carichi di stelle quasi da scoppiare, la luna che si tingeva di rosso, non poteva che essere uno spettacolo affascinante quanto terrificante. Quante storie di Demoni, diavoli o fantasmi potrebbe creare un simile fenomeno?

(Pensare poi che l’idea di Diavolo nasce solo per demonizzare la divinità della tribù rivale… questa è niente meno che l’etimologia di Belzebù )

Insomma molti si perderanno questo spettacolo, magari qualcuno leggendo RaDio Cane se ne ricorderà e solleverà per qualche minuto il naso verso il cielo. A guardare la Luna tingersi di Rosso e per un attimo magari dimenticare la fisicità del fenomeno per tuffarsi nella fantasia di una favola che si intreccia coi sogni di una notte di fine inverno.